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Cari amici,
Vi invito a leggere questo comunicato che stiamo tentando, con grande difficoltà, di divulgare.
Un saluto a tutti.
http://www.associazionegentedimare.it/wp-content/uploads/2012/01/comunicato.pdf
Vi invito a leggere questo comunicato che stiamo tentando, con grande difficoltà, di divulgare.
Un saluto a tutti.
http://www.associazionegentedimare.it/wp-content/uploads/2012/01/comunicato.pdf
Re: comunicato
COMUNICATO STAMPA
La vicenda della motonave Costa Concordia ha profondamente turbato la marineria italiana e quella
sorrentina in particolare. La campagna mediatica scatenata dopo il doloroso avvenimento non ha
esitato, nella spasmodica ricerca di errori e colpevoli, a porre in grave difficoltà un’intera categoria
di lavoratori: la gente di mare. Appellativi infamanti, discorsi privi di fondamenti tecnici, illazioni
azzardate hanno riempito pagine di giornali e infiammato studi televisivi con dibattiti, pareri e
domande talvolta sollecitati, con piglio inquisitorio e con molto mestiere, a persone confuse,
impreparate o non aventi titoli per dare risposte adeguate. Aldilà delle vicende che hanno causato il
disastro, una maggiore cautela da parte dei mezzi di comunicazione avrebbe, almeno in parte,
salvaguardato l’immagine dell’Italia marinara che esce mortificata da questa storia, nonostante le
sue tradizioni plurisecolari. E’ venuta a mancare in troppe occasioni la dovuta sensibilità e il
necessario equilibrio nel diffondere notizie, talvolta irrilevanti o inesatte, che hanno ulteriormente
danneggiato, e non poco, quella immagine. L’Italia è tutta dentro l’acqua di mare, quasi tutta, ma in
moltissimi Italiani, quasi tutti, nel loro spirito, il mare non c’è. E’ questa, purtroppo, la dura realtà.
Se gli italiani avessero contezza della loro marina mercantile, oggi in grandissima parte
meridionale, che occupa con onore i primi posti nella marineria mondiale, dei contributi che ha
dato e dà alla Nazione in pace e in guerra, della ricchezza nazionale che produce, della quale
nessuno parla, allora vi sarebbe certamente più moderazione nelle conclusioni affrettate, nei giudizi
sommari, nella ricerca spasmodica di colpevoli e di eroi, o presunti tali, da sbattere in prima pagina
o alla gogna. La gente di mare soffre questa tragedia ma non ha mezzi per far sentire la sua voce, è
esposta alle intemperie della cronaca giornalistica e televisiva perché non è ben conosciuta nel
Paese, non può e non sa difendersi, abituata a lavorare seriamente, lontano, in silenzio, perché non è
protetta da lobby, non può entrare in politica e, spesso, non può neanche votare. Addolorano certe
esternazioni malevoli, volgari e di bassa lega, provenienti da parti del nostro Paese che non hanno
titoli per farlo perché non posseggono né coscienza marinara, né etica civile e non onorano la
bandiera nazionale che i naviganti amano perché rappresenta nel mondo la loro Patria, la loro
famiglia, la loro casa. E affliggono ancora più certe considerazioni che giungono da oltre confine,
vere secchiate di fango che non si è esitato a spargere col solito sarcasmo di pseudo superuomini,
dimentichi dei disastri e dei crimini che consegnarono alla loro storia.
Associazione di Mutuo Soccorso tra Capitani Meta
Associazione Nazionale Gente di Mare Meta
Associazione Professionale Capitani Marittimi Sant’Agnello
Associazione Ufficiali Tirrenia di Navigazione Meta
Collegio Capitani - Compartimento di Napoli Meta
La vicenda della motonave Costa Concordia ha profondamente turbato la marineria italiana e quella
sorrentina in particolare. La campagna mediatica scatenata dopo il doloroso avvenimento non ha
esitato, nella spasmodica ricerca di errori e colpevoli, a porre in grave difficoltà un’intera categoria
di lavoratori: la gente di mare. Appellativi infamanti, discorsi privi di fondamenti tecnici, illazioni
azzardate hanno riempito pagine di giornali e infiammato studi televisivi con dibattiti, pareri e
domande talvolta sollecitati, con piglio inquisitorio e con molto mestiere, a persone confuse,
impreparate o non aventi titoli per dare risposte adeguate. Aldilà delle vicende che hanno causato il
disastro, una maggiore cautela da parte dei mezzi di comunicazione avrebbe, almeno in parte,
salvaguardato l’immagine dell’Italia marinara che esce mortificata da questa storia, nonostante le
sue tradizioni plurisecolari. E’ venuta a mancare in troppe occasioni la dovuta sensibilità e il
necessario equilibrio nel diffondere notizie, talvolta irrilevanti o inesatte, che hanno ulteriormente
danneggiato, e non poco, quella immagine. L’Italia è tutta dentro l’acqua di mare, quasi tutta, ma in
moltissimi Italiani, quasi tutti, nel loro spirito, il mare non c’è. E’ questa, purtroppo, la dura realtà.
Se gli italiani avessero contezza della loro marina mercantile, oggi in grandissima parte
meridionale, che occupa con onore i primi posti nella marineria mondiale, dei contributi che ha
dato e dà alla Nazione in pace e in guerra, della ricchezza nazionale che produce, della quale
nessuno parla, allora vi sarebbe certamente più moderazione nelle conclusioni affrettate, nei giudizi
sommari, nella ricerca spasmodica di colpevoli e di eroi, o presunti tali, da sbattere in prima pagina
o alla gogna. La gente di mare soffre questa tragedia ma non ha mezzi per far sentire la sua voce, è
esposta alle intemperie della cronaca giornalistica e televisiva perché non è ben conosciuta nel
Paese, non può e non sa difendersi, abituata a lavorare seriamente, lontano, in silenzio, perché non è
protetta da lobby, non può entrare in politica e, spesso, non può neanche votare. Addolorano certe
esternazioni malevoli, volgari e di bassa lega, provenienti da parti del nostro Paese che non hanno
titoli per farlo perché non posseggono né coscienza marinara, né etica civile e non onorano la
bandiera nazionale che i naviganti amano perché rappresenta nel mondo la loro Patria, la loro
famiglia, la loro casa. E affliggono ancora più certe considerazioni che giungono da oltre confine,
vere secchiate di fango che non si è esitato a spargere col solito sarcasmo di pseudo superuomini,
dimentichi dei disastri e dei crimini che consegnarono alla loro storia.
Associazione di Mutuo Soccorso tra Capitani Meta
Associazione Nazionale Gente di Mare Meta
Associazione Professionale Capitani Marittimi Sant’Agnello
Associazione Ufficiali Tirrenia di Navigazione Meta
Collegio Capitani - Compartimento di Napoli Meta
Nostomo
negli anni 70, ho navigato a bordo delle navi della società Adriatica, e mi ricordo che a bordo, per i giovani, la persona di riferimento era il Nostromo, persona dedicata alla manutenzione di tutti i settori della nave, per noi era la figura di riferimento per qualsiasi problema e molte volte era lo stesso comandante che chiedeva consigli.
Ho cercato nel web e ho trovato questa intervista.
Vincenzo Sclafani, il nostromo 55enne saccense che si è reso protagonista del salvataggio di centinaia di persone sulla nave Concordia della Costa Crociere, ha rilasciato una interessante intervista all'emittente televisiva Tele Radio Sciacca.
Sclafani nel corso dell'intervista ha spiegato cosa è accaduto negli attimi prima e dopo l'urto sullo scoglio, soffermandosi sul salvataggio dei passeggeri presi dal panico dopo l'ordine di abbandonare la nave, delle decisioni del capitano Schettino, e di alcuni fatti accaduti dopo il salvataggio sull'Isola del Giglio.
Sclafani, da più di venti anni naviga con la Costa Crociere, nostromo di grande esperienza parla dei fatti accaduti poco prima dell'impatto difendendo l'operato di Schettino e di tutto l'equipaggio: "l'unico errore del Comandante è stato quello di avvicinarsi troppo alla costa, una cosa che non aveva mai fatto. Nei concitati momenti dopo l'urto il Comandante, comprendendo immediatamente il danno irrimediabile procurato, ha cercato di portare la nave il più possibile vicino all'isola del Giglio. Quando la nave si è fermata sullo scoglio a pochi metri dall'isola, mi ha ordinato di calare l'ancora a 800 metri; ho eseguito l'ordine ma la stessa mi si è fermata a 40/45 metri: eravamo troppo vicini, non c'era quella profondità.
Dopo qualche minuto mi ha ordinato di calare l'altra ancora dalla parte opposta ma proprio mentre mi accingevo a calarla la nave si è inclinata, è andata via la luce e io vedevo solo le scintille della catena dell'ancora e sentivo le grida della gente. Tutto buio, grida, panico. Sottolineo che dopo lo scontro con il primo scoglio il capitano non ha ordinato l'abbandono della nave perchè eravamo troppo distanti dalla riva, se lo avesse ordinato in quel momento probabilmente a quest'ora avremmo contato centinaia di morti.
Quando la nave si è fermata, vicino la costa dell'isola, ed ha cominciato ad inclinarsi ha ordinato l'abbandono. Scene di panico, perchè pregavamo la gente di stare calma ma non voleva scoltarci presa dal terrore come era.
Scendevamo le lance (le barche di salvataggio n.d.r.), ricordo che ho preso una bambina piccola impaurita che stava abbracciata al padre e non voleva staccarsi, ma dovevamo salire e l'ho staccata con forza, poi è salito anche il padre. C'era gente che dal ponte 4 voleva buttarsi in mare, allora abbiamo consigliato, mentre la nave continuava ad inclinarsi, di scendere al ponte 3 e provare a salire in altre lance. Così hanno fatto, siamo rimasti io e un altro marinaio che era terrorizzato. L'ho tranquilizzato, siamo scesi e abbiamo cominciato a portare gente in salvo con le lance verso terra. E così per 4, 5 forse 6 volte a blocchi di 100/150 persone, non ricordo perchè sono ancora confuso, stordito da quello che è accaduto.
Una delle ultime volte che sono tornato sotto la nave a prendere altra gente c'era un marinaio che era rimasto su, gli ho ordinato di buttarsi e così ha fatto, era ferito e così coprendolo con un mio giubotto ho deciso di tornare con lui solo sull'isola per farlo curare, piangeva e aveva freddo; mentre mi accingevo a tornare il marinaio alla guida mi comunica che si era rotto il timone, gli ho ordinato di proseguire nell'attesa di sostituirlo siamo andati a finire sullo scoglio, poi comunque siamo riusciti a cambiarlo con quello di emergenza.
Questo è un equipaggio che ha salvato 4 mila persone e nessuno lo dice, pensano tutti ad attaccare il comandante che si, ha sbagliato, ma bisogna riconoscergli la freddezza di avere compreso l'errore e di provare ad avvicinare la nave all'isola. A proposito del capitano Schettino io posso dirle che è sceso quando sulla nave non si vedeva più nessuno, si è assicurato che non ci fosse più nessuno, infatti nella telefonata dalla capitaneria di Livorno si diceva che erano rimaste circa cento persone a bordo ma non erano visibili. Io posso dirvi che il capitano Schettino è sceso all'ultimo, la nave continuava ad inclinarsi ma non si vedevano altre persone, alcune lancie si erano bloccate e non potevano scendere perchè la nave si era inclinata così tanto da non poterle fare scendere, ma lui non le ha viste.
Quando eravamo tutti sull'isola ho visto il comandante Schettino che piangeva e mi diceva: "Nostromo, cosa ho combinato? Come potranno perdonarmi?", questa scena mi è rimasta impressa.
Una ultima cosa che voglio dire è l'assoluta disponibilità degli abitanti dell'isola del Giglio, però un piccolo rimprovero ai proprietari di un bar lo devo fare: eravamo in tanti senza soldi perchè avevamo lasciato tutto sulla nave e a me personalmente mi hanno negato un cappuccino, un thè caldo, un caffè perchè ero senza danaro. Questo non lo ha detto nessuno, è una vergogna ma nulla toglie comunque al merito degli abitanti dell'isola che sono persone meravigliose".
Ho cercato nel web e ho trovato questa intervista.
Vincenzo Sclafani, il nostromo 55enne saccense che si è reso protagonista del salvataggio di centinaia di persone sulla nave Concordia della Costa Crociere, ha rilasciato una interessante intervista all'emittente televisiva Tele Radio Sciacca.
Sclafani nel corso dell'intervista ha spiegato cosa è accaduto negli attimi prima e dopo l'urto sullo scoglio, soffermandosi sul salvataggio dei passeggeri presi dal panico dopo l'ordine di abbandonare la nave, delle decisioni del capitano Schettino, e di alcuni fatti accaduti dopo il salvataggio sull'Isola del Giglio.
Sclafani, da più di venti anni naviga con la Costa Crociere, nostromo di grande esperienza parla dei fatti accaduti poco prima dell'impatto difendendo l'operato di Schettino e di tutto l'equipaggio: "l'unico errore del Comandante è stato quello di avvicinarsi troppo alla costa, una cosa che non aveva mai fatto. Nei concitati momenti dopo l'urto il Comandante, comprendendo immediatamente il danno irrimediabile procurato, ha cercato di portare la nave il più possibile vicino all'isola del Giglio. Quando la nave si è fermata sullo scoglio a pochi metri dall'isola, mi ha ordinato di calare l'ancora a 800 metri; ho eseguito l'ordine ma la stessa mi si è fermata a 40/45 metri: eravamo troppo vicini, non c'era quella profondità.
Dopo qualche minuto mi ha ordinato di calare l'altra ancora dalla parte opposta ma proprio mentre mi accingevo a calarla la nave si è inclinata, è andata via la luce e io vedevo solo le scintille della catena dell'ancora e sentivo le grida della gente. Tutto buio, grida, panico. Sottolineo che dopo lo scontro con il primo scoglio il capitano non ha ordinato l'abbandono della nave perchè eravamo troppo distanti dalla riva, se lo avesse ordinato in quel momento probabilmente a quest'ora avremmo contato centinaia di morti.
Quando la nave si è fermata, vicino la costa dell'isola, ed ha cominciato ad inclinarsi ha ordinato l'abbandono. Scene di panico, perchè pregavamo la gente di stare calma ma non voleva scoltarci presa dal terrore come era.
Scendevamo le lance (le barche di salvataggio n.d.r.), ricordo che ho preso una bambina piccola impaurita che stava abbracciata al padre e non voleva staccarsi, ma dovevamo salire e l'ho staccata con forza, poi è salito anche il padre. C'era gente che dal ponte 4 voleva buttarsi in mare, allora abbiamo consigliato, mentre la nave continuava ad inclinarsi, di scendere al ponte 3 e provare a salire in altre lance. Così hanno fatto, siamo rimasti io e un altro marinaio che era terrorizzato. L'ho tranquilizzato, siamo scesi e abbiamo cominciato a portare gente in salvo con le lance verso terra. E così per 4, 5 forse 6 volte a blocchi di 100/150 persone, non ricordo perchè sono ancora confuso, stordito da quello che è accaduto.
Una delle ultime volte che sono tornato sotto la nave a prendere altra gente c'era un marinaio che era rimasto su, gli ho ordinato di buttarsi e così ha fatto, era ferito e così coprendolo con un mio giubotto ho deciso di tornare con lui solo sull'isola per farlo curare, piangeva e aveva freddo; mentre mi accingevo a tornare il marinaio alla guida mi comunica che si era rotto il timone, gli ho ordinato di proseguire nell'attesa di sostituirlo siamo andati a finire sullo scoglio, poi comunque siamo riusciti a cambiarlo con quello di emergenza.
Questo è un equipaggio che ha salvato 4 mila persone e nessuno lo dice, pensano tutti ad attaccare il comandante che si, ha sbagliato, ma bisogna riconoscergli la freddezza di avere compreso l'errore e di provare ad avvicinare la nave all'isola. A proposito del capitano Schettino io posso dirle che è sceso quando sulla nave non si vedeva più nessuno, si è assicurato che non ci fosse più nessuno, infatti nella telefonata dalla capitaneria di Livorno si diceva che erano rimaste circa cento persone a bordo ma non erano visibili. Io posso dirvi che il capitano Schettino è sceso all'ultimo, la nave continuava ad inclinarsi ma non si vedevano altre persone, alcune lancie si erano bloccate e non potevano scendere perchè la nave si era inclinata così tanto da non poterle fare scendere, ma lui non le ha viste.
Quando eravamo tutti sull'isola ho visto il comandante Schettino che piangeva e mi diceva: "Nostromo, cosa ho combinato? Come potranno perdonarmi?", questa scena mi è rimasta impressa.
Una ultima cosa che voglio dire è l'assoluta disponibilità degli abitanti dell'isola del Giglio, però un piccolo rimprovero ai proprietari di un bar lo devo fare: eravamo in tanti senza soldi perchè avevamo lasciato tutto sulla nave e a me personalmente mi hanno negato un cappuccino, un thè caldo, un caffè perchè ero senza danaro. Questo non lo ha detto nessuno, è una vergogna ma nulla toglie comunque al merito degli abitanti dell'isola che sono persone meravigliose".
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